domenica 5 luglio 2009

Ode alla cassa da morto

O cassa da morto, tu fra tutti sei l’ultimo dei letti,

tu che al canto dell’upupa ti diletti,

e nella fatal quiete fai da cappotto,(1)

ed io a pensarti me la faccio sotto,

dimmi, di grazia, deh, dimmi perché

solo a vederti faccio le corna, tiè!

e poi, furtivo, eppure a gesti netti,

mi do una grattatina ai cosiddetti?

Forse perché, libidinoso ossesso,

tu vuoi ch’io giaccia teco in un amplesso?

Tu, dunque, agogni a sordidi piaceri,

mentre d’intorno a me ardono i ceri?

Tu del mio corpo sei voglioso amante,

necrofilo d’aspetto orripilante!

Tu vuoi alla salma imporre l’entusiasmo

onde poter goder l’estremo orgasmo?

Illuso! Inerte giacerò, le braccia in croce,

sordo ai tuoi desiri e alla tua voce!

E la cassa da morto mi risponde,

in forma prosaica e non in rima:

“Ma tu quale voglioso amante? quali desiri?

Tu mi fai schifo!

Hai da vede’ sì che piacere

contemplare te in gramaglie e assistere

al liquefarsi delle tue frattaglie.

Siente, sai che vuo’ fa? Famme ‘o piacere:

opta per la cremazione e… bonasera!

O cassa da morto,

com’è mortificante il tuo destino!

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